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Una Stella della
Danza a Nairobi.
Intervista ad
Alessio Carbone

Ex primo ballerino dell'Opera di Parigi,
ha tenuto uno speciale workshop
per gli studenti di Still I Rise

Nel mese di ottobre, Alessio Carbone – ex primo ballerino dell’Opera di Parigi ed étoile di fama internazionale – ha tenuto uno speciale workshop per introdurre 40 studenti della Scuola Internazionale di Still I Rise di Nairobi all’arte della danza classica. Una settimana altamente significativa, di cui ci ha raccontato in questa intervista.

Com’è nata l’idea?

L’idea del workshop di danza classica presso Still I Rise International School di Nairobi è nata lo scorso giugno, in occasione del Gran Gala di Danza per Still I Rise organizzato al Teatro Carcano di Milano. Dopo lo spettacolo, davanti a una pizza, ho detto a Nicolò: “Mi piacerebbe venirti a trovare Nairobi e tentare un workshop di danza classica con i ragazzi”. Sembrava un po’ pazza come idea, perché la danza classica ha dei codici estremamente rigidi e non è proprio una danza divertente, soprattutto all’inizio. A ottobre però sono riuscito a mantenere la promessa e sono volato in Kenya!

Alessio Carbone

Quali sono state le reazioni degli studenti al primo approccio con la danza classica?

Inizialmente ho rassicurato i ragazzi e detto loro di non preoccuparsi, è normale che la danza classica sia un po’ noiosa all’inizio. E proprio per questo non abbiamo fatto solo quello, ma anche un po’ di danza contemporanea e ho trasmesso loro delle tecniche d’improvvisazione, che ovviamente è stata la parte più divertente.

Malgrado la difficoltà e i movimenti nuovi, all’approccio della danza classica erano tutti sorridenti e molto curiosi, mi chiamavano spesso per chiedermi “È così questa posizione? È giusto?”. Avevano voglia di far bene le cose. C’erano un po’ di occhi sgranati ogni tanto, però è stato un approccio molto positivo da parte loro, soprattutto perché ho mostrato che quegli stessi movimenti sarebbero stati utili sia nella danza contemporanea, che nella vita di tutti i giorni per quanto riguarda il portamento della schiena. 

Com’era la giornata tipo?

La mia giornata tipo era praticamente tutto un balletto: i 40 studenti con cui lavoravo sono rimasti a dormire nel campus, proprio per dar modo a noi di stare tutti insieme e di continuare a lavorare eventualmente nel corso del pomeriggio e anche inizio serata. Quindi la mattina insegnavo soprattutto un po’ di danza classica, dividendo i ragazzi in due gruppi da 20: prima una lunga sessione di stretching e poi un approccio alla danza classica.

Nel corso della giornata, andavamo rapidamente a liberare un po’ il movimento, approcciando così anche al contemporaneo, ma soprattutto passavamo molto tempo per sviluppare un po’ di creatività e di fantasia proprio nell’improvvisazione. Ho insegnato delle tecniche di improvvisazione che avevo imparato all’Opera di Parigi, con cui possono continuare a divertirsi. A volte ci mettevamo tutti in cerchio e uno a uno li facevo improvvisare. Lì ci sono stati i momenti forse più emozionanti del mio viaggio a Nairobi, perché nel momento in cui un bambino deve improvvisare deve per forza tirare fuori qualche cosa e all’inizio è super impacciato e intimidito. Prima di iniziare, avevo avvisato tutta la classe sul fatto che fosse proibito ridere degli altri, perché quando si improvvisa esce una parte molto intima della persona. Si è creata un’atmosfera di intimità e ci sono stati momenti estremamente emozionanti, durante i quali a stento ho nascosto le lacrime.

La parte più divertente era invece il dopocena, dove loro mi trascinavano nell’auditorium per continuare a ballare, ma questa volta le loro danze. Mettevano tutte le musiche pop del momento e mi facevano vedere veri e propri videoclip con i movimenti che mi incoraggiavano a imparare. Ero veramente impacciato, perché rispetto a loro ero estremamente rigido, ma è stato bellissimo perché è stato proprio un approccio nei due sensi: loro hanno cercato di avvicinarsi al mio mondo di ex ballerino classico e io mi sono avvicinato al loro. Sono stati davvero momenti molto divertenti dove ridevamo tutti insieme ed era difficile mettere fine alla serata per andare a dormire.

Cosa porti con te da questa esperienza?

Spesso si fanno cose per lavoro e avere riconoscimento degli altri: questa è la facciata per chi organizza o produce spettacoli. In questo caso, ho invece esplorato una parte della mia vita totalmente nuova, cioè una collaborazione con ragazzi che non avevano basi di danza classica. Motivarli a ballare, quando in realtà questa danza non è nelle loro basi, è stato veramente molto stimolante. E lo è stato ancora di più vedere che erano loro a insegnare a me: dalla mattina alla sera non c’è stato un momento in cui un bambino mi abbia detto di essere stanco, anzi si lanciavano come guerrieri in ogni movimento, senza aver paura di niente. Mi rimane la voglia di ritornare: mi sento un privilegiato ad avere avuto la possibilità di condividere con loro la mia passione per la danza e una parte di vita. (Intervista a cura di Vanessa Cappella)



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