I protagonisti sono infatti sette ragazzi profughi dagli 11 ai 16 anni e i loro racconti sul contesto in cui vivono, sulle personali battaglie quotidiane, sui loro sogni di adolescenti. La web-serie è parte di un progetto di denuncia che l’organizzazione non-profit, attiva sull’isola di Samos in Grecia dal 2018, porta avanti per difendere i diritti umani dei minori rifugiati.
Ogni episodio approfondisce un tema differente: si va dalla vita nell’hotspot, alla lotta per il diritto all’educazione, dall’integrazione come specchio di un mondo possibile alle enormi difficoltà che ne sono connesse, fino al risvolto psicologico negativo della vita in un contesto difficile, senza amici, senza poter andare a scuola. A raccontarle sono Faizuddin, Nahid, Rostam, Milad, Mobina, Mahdi, Madalena: ragazzi che nonostante siano costretti ogni giorno a vivere in grandi difficoltà, sognano con tutte le proprie forze un futuro giusto e migliore in Europa.
“Il campo non è un posto sicuro, è molto sporco. Ci sono troppi topi, ratti, insetti. Anche se non hai il Corona e sei sano, ma vivi troppo a lungo nel campo, automaticamente ti ammali”, racconta Faizuddin, 11 anni, protagonista del primo episodio. Faizuddin vive da febbraio 2020 nel campo di Samos con la sua famiglia. “È difficile vivere in tenda, ma ci viviamo perché è solo per un anno o nove mesi e dopo ce ne andiamo… oppure no, non lo so”.
Gli fa eco nel secondo episodio Nahid, 14 anni, giovane attivista che – dopo un anno a Samos – ora si trova nel campo di Ritsona, nella Grecia continentale: “La prima cosa che cambierei, se potessi, sarebbe la mentalità e permetterei ai bambini di andare a scuola. La seconda sarebbe cambiare le condizioni in cui versa il campo”. A Ritsona, Nahid si è unita al Movimento dei Giovani Rifugiati e lotta per il diritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti. In Grecia infatti, solo il 30% dei minori profughi va a scuola.
E poi ci sono le storie di Rostam, che dimostra che l’integrazione è possibile; di Milad e Mobina, che vivono in un campo fatiscente della Grecia continentale; di Mahdi, che desidera diventare un boxer, ma non ha nessuna possibilità di farlo; di Madalena, che ad Atene aspetta di poter andare a scuola e sogna un futuro da medico, per poter aiutare gli altri. Storie di adolescenti comuni alle prese con una realtà che ogni giorno tenta di strappare le loro speranze nel domani.
La web-serie “Through Our Eyes”, che sarà trasmessa fino a dicembre inoltrato sui social network di Still I Rise, integra il libro fotografico “Attraverso i nostri occhi” (Bur Rizzoli 2020), scritto da Nicolò Govoni, Nicoletta Novara e dagli studenti di Mazì, la scuola di Still I Rise a Samos; sia libro che web-serie sono frutto dell’omonima mostra fotografica che ha già girato oltre 36 città nel mondo, facendo parlare di sé su alcune delle maggiori testate, tra cui The Guardian, Internazionale, Washington Post.
Tutto il progetto si affianca alle attività di denuncia che Still I Rise porta avanti dal 2018 nelle sedi opportune: nel 2019, l’organizzazione ha depositato alla Procura di Samos e alla Procura di Roma una denuncia penale per violazioni dei diritti umani dei minori non accompagnati contro le autorità dell’hotspot. Nell’autunno 2020, la Procura della Repubblica Italiana presso il Tribunale di Roma ha trasmesso gli atti a EuroJust e alla Corte Europea di Giustizia, con la richiesta di valutare “se ricorrano i presupposti, in termini di sistematicità e diffusività delle condotte delittuose, per la ricorrenza di crimini contro l’umanità nei termini descritti dall’art. 7 dello Statuto del Codice Penale Internazionale”.
Nel frattempo, Still I Rise ha coinvolto il Parlamento Europeo, ottenendo due interrogazioni parlamentari sugli abusi nell’hotspot di Samos e l’avvio di una Petizione Europea; il Parlamento italiano, con un’altra interrogazione parlamentare in merito ai fatti denunciati; la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che in seguito alle richieste mosse da Still I Rise insieme ad altre organizzazioni, ha disposto il trasferimento immediato di 12 minori non accompagnati dall’hotspot di Samos a un luogo sicuro, rinvenendo la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ovvero il divieto di tortura e trattamenti degradanti.
Restituire la voce ai diretti interessati diventa quindi strumento essenziale per combattere con forza verso la realizzazione di un’Europa che ristabilisca i diritti di cui è storicamente culla, a partire proprio dai bambini. (Comunicato Stampa)