Il futuro della “gestione della migrazione” nell’UE è stato inaugurato lo scorso settembre a Samos. Il Centro Chiuso ad Accesso Controllato di Zervou ha aperto la strada a un nuovo modello di strutture di accoglienza europee che favorisce l’isolamento e misure di sicurezza nei confronti di richiedenti asilo e migranti. .
Il nuovo rapporto di Still I Rise “Crescere dietro il filo spinato” fornisce una prima panoramica circa l’impatto della politica europea di contenimento e deterrenza sulla salute mentale dei residenti del campo.
Sette mesi dopo l’apertura del Centro Chiuso ad Accesso Controllato (CCAC), le promesse di restituire dignità ai richiedenti asilo e ai migranti si sono infrante nella perdita di indipendenza e libertà di movimento, così come nella riduzione dei servizi essenziali nelle strutture.
Il report si focalizza sulle prospettive di minori e presunti tali che hanno vissuto in un limbo legale a Samos per più di due anni e che hanno vissuto il trasferimento nel nuovo campo con un misto di speranza e preoccupazione.
Sebbene il precedente hotspot di Vathi non fosse un luogo appropriato in cui vivere, il nuovo Centro Chiuso ad Accesso Controllato ha cambiato completamente la vita dei residenti del campo, non necessariamente in meglio. A partire dal nuovo nome ufficiale dato al centro, le sensazioni di chi ci vive sono di prigionia e isolamento.
“Si saranno anche lasciati alle spalle le tende improvvisate e le baracche costruite su una collina con serpenti e ratti, ma ora sono stati privati della libertà, che di solito è la punizione definitiva per un crimine- che non hanno commesso”, afferma Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise.