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Reportage
Dentro la
nuova Siria

Il racconto di Giulia Cicoli
pubblicato su L'Indipendente

Il racconto di Giulia Cicoli

Il 2025 è iniziato per me in Siria, circondata da bandiere, canti e tanta speranza per un Paese finalmente unito e libero. Neanche tre mesi dopo, l’equilibrio che lo tiene insieme è sempre più fragile. Raccontare questo Paese senza smarrirsi tra la propaganda delle diverse fazioni non è semplice: troppe voci, troppi interessi intrecciati, troppi fili invisibili che lo legano a giochi di potere. È quindi fondamentale partire dai fatti e, soprattutto, ascoltare il cuore pulsante della Siria: la voce del suo popolo.

Prima del 2011, la popolazione siriana era composta da circa 22 milioni di persone. Oggi, oltre 14 milioni sono sfollati: 7,2 milioni internamente in Siria e più di 6 milioni all’estero. La guerra ha causato oltre 600.000 morti e ha lasciato più di un siriano su quattro con una disabilità. La Siria è oggi un Paese ferito, con villaggi e città svuotati, un paesaggio segnato dalla distruzione di oltre l’80% delle infrastrutture e dal peso di sanzioni che ne limitano le possibilità di ricostruzione.

In più di 13 anni di guerra, atrocità si sono susseguite per mano di molteplici attori, ma il bilancio più tragico ricade sulle spalle di Assad e dei suoi alleati. Secondo il Syrian Network for Human Rights, a loro è attribuito oltre il 90% delle uccisioni verificate di civili. Inoltre, il regime ha fatto sparire 130.000 persone; arresti e torture arbitrarie erano all’ordine del giorno e il sistema di governo altamente corrotto ha trasformato la Siria in un vero e proprio “narco-Stato”, lasciando il 90% della popolazione sotto la soglia di povertà.

Tre settimane dopo la caduta di Assad, ho varcato la soglia della famigerata prigione di Sednaya, un luogo di terrore ribattezzato il mattatoio umano. Lì, migliaia di persone si sono riversate nei giorni successivi all’8 dicembre, disperate nel tentativo di ritrovare i propri cari. La maggior parte di loro però non li ha trovati e ancora oggi, nessuno sa dove — o se —quei corpi siano stati sepolti. Abbiamo attraversato città e villaggi, raccogliendo storie di dolore che si ripetevano con inquietante regolarità. Ogni persona che abbiamo incontrato aveva almeno un caro scomparso, presunto morto. Nella Siria di Assad non sparivano infatti solo i dissidenti, ma anche persone comuni, scelte a caso dalla macchina del terrore.

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