Si terrà il prossimo 24 marzo a Samos il processo che vede imputato Nicolò Govoni, Presidente e Direttore Esecutivo di Still I Rise, per presunto uso illecito di fuochi di artificio senza i necessari permessi. L’accusa, ritenuta fortemente pretestuosa da parte dell’organizzazione, si riferisce a fatti accaduti il 6 agosto 2019 sull’isola di Samos, Grecia, in occasione di una festa organizzata per il primo compleanno di Mazì, la scuola di emergenza e riabilitazione della onlus per adolescenti profughi residenti nell’hotspot. Il processo penale era stato precedentemente fissato per il 27 maggio 2021, prima del rinvio.
“Cercare di creare ostacoli agli operatori umanitari e alle organizzazioni impegnate nel supporto ai migranti è un modus operandi tristemente noto, adottato senza troppi scrupoli dalle autorità greche”, afferma Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise. “Dal 2019 il governo ha reso più complicato e persino pericoloso il lavoro di chi divulga informazioni indipendenti e denuncia gli abusi delle autorità nei confronti dei richiedenti asilo. In questo caso, riteniamo di essere davanti ad accuse chiaramente pretestuose, poiché i fuochi utilizzati erano conformi alle direttive europee adottate in Grecia sin dal 2014 e avevamo inoltre ricevuto oralmente il via libera al loro utilizzo da parte sia dei vigili del fuoco, sia di un agente di polizia, lo stesso che poi ha invece stilato la denuncia. È chiaro che si tratti di un tentativo di ostacolare l’operato non solo di Nicolò Govoni – come persona direttamente chiamata in giudizio – ma dell’intera organizzazione Still I Rise su suolo greco”.
Recenti decreti ministeriali hanno infatti aggiunto nuovi requisiti amministrativi per la registrazione delle organizzazioni autorizzate a operare in Grecia, ma le domande rimangono in sospeso per mesi, o addirittura respinte, senza chiari standard di valutazione. Inoltre, le organizzazioni coinvolte nel supporto ai migranti vedono sistematicamente negata la loro richiesta, nonostante soddisfino tutti i requisiti stabiliti dalla legge.
“Le autorità greche potrebbero usare una fedina penale non immacolata come scusa per una decisione negativa. In altre parole, un’eventuale condanna di Nicolò Govoni potrebbe essere usata come un altro pretesto per bloccare la situazione di Still I Rise in Grecia e alla fine forzare il ritiro dell’organizzazione”, afferma Dimitris Choulis, legale di Nicolò Govoni. “Non possiamo fare a meno di pensare alla correlazione con la nostra denuncia penale contro la manager dell’hotspot di Samos per le condizione di vita dei minori non accompagnati: questa ha portato a una decisione della Corte Europea dei Diritti Umani, mentre qui in Grecia, da 3 anni, è ancora in sospeso”.
AZIONI LEGALI E ATTIVITÀ DI ADVOCACY A SAMOS
Still I Rise è presente sull’isola di Samos dal 2018 e nel 2019 ha presentato un esposto penale per violazione dei diritti umani dei minori non accompagnati da parte delle autorità dell’hotspot presso le Procure di Samos e di Roma. Mentre la causa in Grecia è a punto morto, nel 2020 in Italia la denuncia è stata trasmessa dal PM Maria Monteleone a Eurojust e alla Corte Europea di Giustizia, ottenendo dunque dal GIP – in fase di archiviazione delle indagini per difetto di giurisdizione – la possibilità di “disporre la trasmissione di copia della denuncia all’Autorità Giudiziaria della Grecia, perché valuti se ricorrano i presupposti, in termini di sistematicità e diffusività delle condotte delittuose, per la ricorrenza di crimini contro l’umanità nei termini descritti dall’art. 7 dello Statuto della Corte Penale Internazionale” e contestualmente di “disporre la trasmissione al Ministero degli affari Esteri di copia delle email inviate a questo ufficio al fine di intraprendere ogni iniziativa necessaria per garantire la protezione di Govoni Nicolò”.
La stessa denuncia ha raggiunto anche il Parlamento Europeo, dove nel 2019 sono state presentate due interrogazioni parlamentari, affinché fosse indagata la reale situazione dei minori non accompagnati nell’hotspot di Samos.
A seguito di altre denunce mosse da Still I Rise, dal gennaio 2020 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha disposto l’immediato trasferimento di 12 MSNA in luogo sicuro, riconoscendo di fatto nell’hotspot di Samos la potenziale violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, ovvero il divieto di tortura e di trattamenti degradanti.
Nel corso della pandemia globale, Still I Rise ha raccolto le testimonianze di ulteriori violazioni dei diritti umani in atto nell’hotspot di Samos, con l’intenzione di sporgere una nuova denuncia penale ai danni dei Ministeri ellenici competenti. L’immunità parlamentare avrebbe però reso vana ogni azione giudiziaria, di conseguenza i fatti documentati sono confluiti in un report inviato anche al Parlamento Europeo, dove è stato origine di una nuova interrogazione parlamentare circa la condizione dei richiedenti asilo sull’isola greca.
Ad oggi, con il trasferimento delle persone nel nuovo campo chiuso e controllato, l’organizzazione continua a farsi portavoce dei diritti dei minori, costretti insieme agli adulti a una vita reclusa senza aver commesso nessun crimine, e denuncia le pratiche di respingimento dei profughi, attuate quotidianamente dalle autorità greche. (comunicato stampa)